Max Marra - Suture, Miraggi e Approdi

MAX MARRA: SUTURE, MIRAGGI E APPRODI

Donato Di Poce

 

Mai tracimati silenzi danzarono nella notte

Andando nel Cosmo e dei confini oltre

Xenofobi e rozzi antiesteti lasciati a terra.

 

Mai traccia di grazia estrema

Andò oltre ogni prospettiva di nuova vita

Riannodando Cosmi dispersi nei cieli

Raccogliendo parole e colore

Attaccando alle stelle del cuore un bianco sudario d’Amore.

Donato Di Poce

Milano 25/1/ 2018

 


 

“Il bianco ci colpisce come un grande silenzio

 che ci sembra assoluto

Parlare di un artista contemporaneo dopo che si sono occupati di lui numerosi e autorevoli colleghi(come Mimmo Rotella e Sergio Dangelo) o critici e poeti (come Luigi Bianco, Teodolinda Coltellaro, Teresio Zaninetti, Luigi Marsiglia, Felice Bonalumi, Philippe Daverio, Jean Blanchaert, Luigi Cavadini, Claudio Rizzi, Giorgio Bonomi, Marco Meneguzzo e altri) potrebbe sembrare difficile e irriverente, ma l’amore che ho per questo artista tra i più sperimentali, eclettici e dotato di senso etico e umano, che conosco, non mi fa desistere dal darne testimonianza.

Come spesso succede per Artisti affermati e con un lungo percorso espositivo e di ricerca alle spalle, come Max Marra, le opere oggi esposte ( la mostra si intitola SUTURE,MIRAGGI E APPRODI ) sono un attraversamento e insieme un punto di arrivo e di approdo di un lungo e avventuroso periplo di ricerca artistica ed esistenziale, materica, estetica e poetica, e non si potrebbero cogliere pienamente questi favolosi “monocromi bianchi”, se non si pensa all’infanzia del Maestro tra i pescatori (che cucivano le reti rotte dopo la pesca) e alle nonne e madri ricamatrici(che ricamavano colori, sogni e bellezza su bianchi teli di lino) di Paola.

Questo l’incipit esistenziale, a cui segue poi il viaggio e residenza al Nord, che diventa come per Ulisse metafora di vita e di ricerca, d’incessante sperimentazione dell’oltre, di incontri e navigazioni verso mete sconosciute, di miraggi e visioni e ritorno alla sua amata Itaca, ma che nel caso di Marra diventa il COSMO che diverrà presto l’unico vero interlocutore e orizzonte estetico da esplorare, cui approdare e fare riferimento, per andare oltre la materia, l’umano e il quotidiano di cui pure il nostro artista si nutre e ama follemente.

Arrivano gli anni della Giovinezza e della maturità con l’immersione estetica nelle ricerche dell’Avanguardia Artistica Italiana( Castellani, Bonalumi, Burri) e Internazionale (Malevic, e Christo su tutti) e l’opera di promotore culturale e artistica da lui svolta tra Milano, Monza e Lissone e l’attività espositiva che lo ha portato ad esporre oltre che in Italia, a Parigi,(Francia) Sofia(Bulgaria), Dubrova(Croazia), Barcellona(Spagna) etc…

Prima di parlare di queste opere, sarà opportuno ricordare ad un pubblico meno specialista e non avvezzo all’arte astratta e aniconica, la grande versatilità tecnica ed estetica di Marra(che è oltre che pittore e scultore, un disegnatore surreale eccezionale e a mio modesto avviso secondo solo a Picasso), insomma un vero artista a 360 gradi, che giunge all’astrazione, alla sperimentazione e assemblaggio polimaterico dopo mostre neo figurative e classiche come “Il Ghetto” “Lode a S. Francesco da Paola” e “Omaggio a Rembrandt” e un intenso e incessante viaggio sperimentale.

SUTURE…Queste opere iniziate negli anni ’80 e tuttora in divenire, sono un’isola quindi un approdo, ma anche una traccia e una prospettiva, sono un portale emozionale, sono delle meteore, giunte da uno spazio ferito e ricucito con amore, sono miraggi che invitano a vedere oltre, sono delle rarefazioni cosmiche e delle dune esistenziali e simboliche che invitano alla carezza, al toccare le ferite e le ricuciture quasi un invito a prendersi cura dell’anima del mondo ferita e abbandonata a queste zolle di cielo, a questi spazi disadorni e disabitati, dove pulsa solo l’amore cosmico con le tracce minimali di utopie bianche spazio 0.0. di un grande sognatore visionario di un nuovo umanesimo.

Queste opere di Max Marra, possiamo definirle tecnicamente delle Estroflessioni polimateriche monocrome bianche(a cui si è accompagnata analoga ricerca in nero). Emanano un’aura spirituale e sacra, sono preghiere di purificazione e redenzione e rimandano anche ai panneggi velati di Cristo di cui è piena la Storia dell’Arte, ma anche alle sperimentazioni geometriche aniconiche di Malevic e agli “Impacchettamenti” di Christo Yavachev, eppure hanno una loro autonomia estetica ed energia interiore fortissima.

Citiamo a titolo di esempio opere come “Statica Silente”, 2002; “Cieli di Cosmos”, 2013; “Campi dell’Anima “, 2010; “Giardino Cosmos, 2011), esemplari opere polimateriche in cui la poetica sacrale e rarefatta, redentrice e simbolica diventa esemplare in campiture bianchissime, suture delicate e campi simbolici e semantici di rara fattezza, e l’opera di medium tra sacro e profano, terra e cielo, anima e materia, diventano per Marra territorio di preghiera estetica ed estatica, un bianco sudario d’amore.

La forza delle “Suture” e delle tele bianche policrome di Marra, sta nell’immersione nel silenzio di un’altra dimensione, nella cattura dell’anima invisibile delle cose, e nella contaminazione aurorale e sacrale dell’Arte.

Il bianco di Marra, non è mai qualcosa di assolutamente puro, è fatto di una varietà di pigmenti, cuciture, rigonfiamenti e strappi, di tensioni che reclamano attenzione. Queste opere sono modernissime e potenti, perché vanno oltre il minimalismo, di Robert Ryman i cui dipinti sono caratterizzati da pennellate bianche su tele quadrate, il suprematismo classico e geometrico di Malevic e i  White Paintings di Robert Rauschenberg.

Alle sovrapposizioni di bianco su bianco di Malevic e alle variazioni di texture di  Rauschenberg, e alle tele quadrate di Ryman, Marra risponde con uno sventramento della tela e delle pelli, intervento di estroflessione e ricucitura di tensioni, abrasioni, ferite, tagli realizzando un nuovo campo semantico polimaterico ed estetico, trovando la saldatura simbolica con l’altrove realizzando ciò che il bianco significa, ovvero stupore, incanto, luce, purezza e redenzione. Il Bianco di Marra diventa nido esistenziale e piattaforma di luoghi e spazi interiori, rifugio dell’anima e dell’invisibile.

Lasciamo la mostra appagati e purificati oltre che pieni di empatia cosmica ed estetica e pronti a fare con Marra un prossimo viaggio verso nuovi orizzonti umani, poetici ed estetici.

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Milano, 1/2/2018


Biografia

MAX MARRA nasce a Paola, in Calabria, nel 1950. Trasferitosi negli anni ’70 a Lissone, vi lavora tuttora. Artista di grande vitalità e forza espressiva, attraversa nel suo iter evolutivo i modi più vari del fare arte su percorsi di costante contaminazione linguistica. Artista multidisciplinare, dagli anni ’80 indirizza la propria ricerca verso l’integrazione del disegno, pittura e scultura utilizzando materiali di forte valenza comunicativa che si coniugano al linguaggio artistico delle avanguardie storiche e trovano riscontro nelle radici espressive dell’arte europea. Fitta è la serie di presenze in rassegne nazionali e internazionali, così come numerose la mostre personali presso istituzioni pubbliche e gallerie private. Sue opere figurano in prestigiose collezioni pubbliche e musei come, fra gli altri, la Banca di Credito Cooperativo di Carate Brianza, sede di Lecco, la Civica Galleria d’Arte Moderna di Gallarate, il Museo d’arte contemporanea di Lissone, il Museo Michetti d’Arte Contemporanea di Francavilla al Mare, il Duta Museum of Arts Giakarta, in Indonesia e il Museum of Arts Guanzou, in Cina.