Rompete le righe

La presenza rivoluzionaria delle donne nell’arte contemporanea.

Ne hanno parlato: ilgiornalaccio.netmoiolipress

Donato Di Poce

Casa Editrice: Campanotto Editore
Acquista su: campanottoeditore.it

RECENSIONI

Uscito per la casa editrice Campanotto nel mese di aprile 2016, questo volumetto asciutto nel formato è densissimo nel contenuto. Da esso emerge il suo autore, Donato di Poce, sia come critico d’arte, che come fotografo e poeta.  Una  personalità aperta all’accoglienza di tutto quanto egli sente con chiarezza essere la possibilità unica di con-formarsi.

La contaminazione come esperienza primaria, sia dell’arte che del patrimonio più intimo, e mai un unico uomo ma un umo che si ritrae come corpo continuo in ogni elemento sia naturale quanto dell’arte, come artificio di un percorso mentale ed emotivo sempre singolarissimo, che poi si fa collettivo per esposizione.

Tutto il lavoro di critica s’innesta ad una fioritura emozionale in cui lo scrittore fa emergere l’intersezione dello scambio, continuo molteplice tra i diversi linguaggi che compongono il vedere, o meglio l’accostarsi ad un territorio che è interno quanto esterno, ed è spesso un terno al lotto, dove la vincita è sempre assicurata per bellezza ricevuta. E la bellezza, in questo testo, è portato per mano di artiste, tutte donne, che segnano guadi e sguardi, approcci e sezioni, sinestesie, una nomenclatura dell’essere qui, ora, in questo tempo di mutazioni che spesso collimano con follie impensabili. Ed è in questa scrittura secca, diretta e compiuta che l’autore, senza mezze misure, richiama alla presenza e alla criticità nell’arte e nella vita, alla rottura di vecchi schematismi, delle nomenclature claustrofobiche e le troppe fobie idealistiche. ROMPETE LE RIGHE, dei plotoni di esecuzione, in cui l’atto è morto già prima di essere compito e guardate a fondo, dentro ogni cosa perché in tutto c’è nascondimento. Di Poce rivolge con forza questo appello agli artisti, chiede loro di essere irriverenti, originali, di accettare l’inquietudine in cui scegliere di stare, senza accomodarsi in piacevoli e accomodanti ambiti già attraversati e fatti commercio, ma di essere liberi di esprimersi con ogni linguaggio, e nel farlo affacciarsi a ciò che si è.

Tutto il libro, dalle iniziali pagine di critica delle opere esaminate, di cui però si soffre la mancanza delle immagini delle opere proposte, fino ai taccuini d’artista, opera delle donne  di cui ha analizzato il percorso di elaborazione, unitamente a quello espositivo attraverso le mostre, Di Poce sembra ammettere, anche con una gioia che non nasconde, che il suo amore per l’arte è vivo anche grazie a queste voci che, dentro la storia che spesso le accantona e le mette in ombra, hanno con acutezza e con tenacia, stretto i denti, acuminato la mente e appuntito lo sguardo per abbracciare di più e al meglio, un mondo che sfugge.

L’atelier delle parole,  parte conclusiva del lavoro, è il laboratorio in cui Di Poce elabora la sua voce come eco degli incontri, quelli avuti con le diverse artiste  che ha conosciuto e da cui ha anch’egli tratto paesi, interi territori, guadi, attraverso una poesia che segna, segnala e schiude ogni avvicinamento all’altra parte di sé, quel femminile che genera e nutre rompendo le righe di una fredda tecnica e tecnologia mostrando invece il gioco dei colori che, anche la lingua quando è poetica, riesce ad aprire oltre la cornice della misura, fotografica o di una tela,  nel bianco e nel nero di una pagina di scrittura .

Dalla recensione di Fernanda Ferraresso

Si dice che ogni persona è un’isola, e non è vero, ogni persona è un silenzio, un silenzio, questo sì, ciascuna con il proprio silenzio, ciascuna con il silenzio che è (Saramago)

Ma le donne, le artiste, sono arcipelaghi, ora vulcaniche, prorompono in passione e creatività, ora atolli, sedimentano l’erosione di struggenti sentimenti, fertili ecosistemi che dipendono dalla luce, pur avendo conosciuto a fondo l’oblio.

Odisseo, ancora lui, cede al richiamo di sirene di terra, mare e cielo, che squillano la solitudine, intonano preghiere d’ombra, sussurrano la libertà, tramando l’attesa, il ritorno, e sulla Zattera delle parole, il poeta pagaia lento fino ai margini del cambiamento, ricuce il percorso da sè all’altro suo come se stesso, dove la vita preme, fino a lambire ai bordi ogni isola. Circumnaviga le intenzioni senza mai chiedere con la voce, curiosa fiammella di creattività negli occhi, lascia che ogni segreto gli si sveli, nei taccuini, con la copertina nera e i bordi rossi, che lasciano ampi margini all’immaginazione, nelle chincaglierìe,   nei Moticos, che suonano in assonanza con un’isola greca, ma sono osmosi, di poesia nascosta tra il silenzio e le cose, in ritagli di carta e appunti di vita che dialogano con il presente e rincorrono interrogandolo, il mito, il sogno, la pace. Così persuaso della più pragmatica delle verità: ogni animo femminile ha una stanza tutta per sè, inaccessibili distanze, alcune adornate di confortevoli drappeggi, altre fredde e inospitali, arredate di silenzio e solitudine,  impregnate di un dolore che non trova pace, ruggine chiodi e ferro, ogni chiodo una ferita, un’attesa, un pensiero, ma a guardarle in fondo, si rifrange il respiro silenzioso di tutte le domande, in uno specchio per i giorni belli e restituisce la speranza.

Sempre sui bordi di queste isole di coralli, tra il visibile e l’invisibile, il detto e non detto, mentre le alghe tremano, tramano vita, accarezzandosi nell’acqua,  Donato, con sguardo sempre innamorato, anela la grazia di bere la sete di ogni artista.

Approda ora alla cala rossa della passione, ora nell’orrido di una follia, scruta il lavoro di trama e ordito di fili che legano e slegano, quelli che tramortiscono la speranza nei nuovi campi di concentramento, da Berlino a Gaza, alla Europa che respinge e non accoglie, di madri che indossano, a lutto, il velo come un sudario. Così nell’eternità di un respiro, il poeta implora: tu baciami ancora, mentre il mondo, l’amore, l’arte, bruciano ai bordi, sui fogli dei taccuini, scrigni di sensi e visioni.

Pesca il senso ma all’amo si impigliano le chiome di capelli come crini di cavallo, pensieri sconnessi, ora corvi neri di oscuri presagi, ora cavallucci marini che suggeriscono forme di fantasia e innocenza.

Sulla battigia, in quella zona della carena tra la linea massima e minima di compresnsione delle cose, umida di bianche lacrime d’amore, tra le tracce e le cancellazioni raccoglie frammenti iridescenti di diatomee, matrice di vita, scrigni pigmentati, di materiali inerti e vivi, che raccontano storie vecchie migliaia di anni di antiche scritture e criptogrammi.

Ma ecco, che con un movimento d’avanguardia, controcorrente, in un tunnel che rincorre la particella di Dio alla velocità del lume della provocAzione, ritorna alle muse di sempre. Sono donne, madri, figlie,madonne, bambine sulle tracce del proprio avvenire, che danzano la gioia dei giorni futuri,  esseri piumati, antropomorfi, legati alla radice da riti arcaici e propiziatori, ma pronte a spiccare voli in cerca di luce. Sono Ilaria, Manuela, Anna, Tiziana e molte altre. Ci sono Frida, esotica bellezza, isola tra le isole, e Ipazia, sacra bellezza delle parole, stella di sapiente cultura, languida e casta. In loro relega il segreto dell’universo e dell’universo il rumore di fondo, che il dolore delle donne traccia.

La grammatica delle donne, artiste, il loro lessico esistenziale, rompe gli schemi, si riscrive con l’alfabeto morso di nuovi codici di geometria esistenziale, cantano di note tra le righe e gli spazi, imbastiti dal vento, sono il silenzio e la parola tra il detto e non detto, sfuggono al controllo, solo il poeta, ride di se stesso che cerca di attraversare questi ponti di bellezza, senza mai approdare alla essenza assoluta, perchè l’importante è essere traccia, matrice, l’importante è essere radice. Così tra sè e sè, felice e divertito, come un fauno tra le fanciulle adoratrici del sole, di questa verità, prima del riflesso abbacinante dell’ultimo segreto, dell’ultimo volo, bisibglia: rompete le righe!

Dalla recensione di Nadeia De Gasperis

Il poliedrico artista Donato Di Poce sarà a Sora, la sua città natale per presentare il suo libro “Rompete le righe”. La presenza rivoluzionaria delle donne nell’ arte contemporanea.
A fargli gli onori di casa ci sarà Nadeia De Gasperis, la nostra redattrice, a parlarne in rete io. Due donne appunto, considerata la tematica, due donne credo in linea con il messaggio di Donato Di Poce.
“Rompete le righe” è un libro che catalogarlo manda in tilt il sistema, critica d’arte, ma anche musicalità del verso, insomma un libro poliedrico come del resto è l’artista. La presenza rivoluzionaria delle donne nell’arte. Non a caso il libro si apre con un omaggio a lei, “Frida Kalho”. Spezzata ma non vinta…devastata dal sangue dell’abbondono, dal respiro dei cuori dissanguati. Un invito a rompere le righe…
Nella prima parte l’autore raccoglie scritti critici, nella seconda parte “Taccuini d’ Artista contiene scritti critici dedicati alle artiste rivoluzionarie di cui Donato si interessa, curandone anche le mostre a volte. Nella terza parte “L’atelier delle parole” è una sfilata di poesie, sembra che le artiste sfilino indossando per vestito i versi, raffinati ed autentici.
Le parole, l’autore le usa con una sapiente abilità, varcando nuovi confini della poetica. Rompete le righe riconferma come l’autore rompa lui stesso gli schemi, emerge la sua abilità di vedere l’arte con gli occhi del poeta, la sua parola è un gioco di colori, la sua parola è una foto giocata con il bianco e nero. Dicevamo all’inizio che è difficile collocare in una casella di catalogazione questo libro, perché è tanti libri in un libro, così come Donato è tante arti dentro l’arte Rompete le righe. È un inno alla creatività. Non perdetevi, quindi, lunedì 17 ottobre a Sora la presentazione di questo libro coraggioso.

Dalla recensione di Fausta Insognata Dumano

Donato Di Poce è poeta, critico d’arte, fotografo e scrittore di aforismi. Nei suoi libri la sua personalità poliedrica viene fuori tutta. Il suo percorso è dettato dalla contaminazione tra i vari generi e le diverse forme d’arte. È appena uscito per i tipi di Campanotto Rompete le righe, il suo sesto libro di critica d’arte. Ma se avrete la pazienza di leggerlo, vi accorgerete che non è solo un libro di critica d’arte. Come sempre Donato unisce il testo all’immagine, la parola al verso. Il risultato è un libro multiforme di un artista eclettico che ha le capacità di parlare tutte le lingue dell’arte. Questo suo nuovo lavoro è dedicato alla presenza rivoluzionaria delle donne nell’arte contemporanea. Nella prima parte l’autore raccoglie scritti critici sul discorso di rottura delle donne nell’arte. Non è un caso che il libro di apre con un omaggio in versi a Frida Kalho. Rompete le righe è un invito che Di Poce rivolge agli artisti: siate sempre irriverenti e originali, non accomodatevi ma siate inquieti, soprattutto siate liberi e scrivete, dipingete e fotografate sempre quello che pensate. Nella seconda parte intitolata I taccuini delle donne, contiene scritti critici dedicati appunto ai taccuini d’artista delle artiste rivoluzionarie di cui si occupa e con cui ha organizzato mostre internazionali. Interessanti i testi critici su Chiara Rosi, Fumyo Tamegaya e Stefania Sbarbati. Nell’ terza e ultima parte Donato di Poce ci rivela l’altro aspetto della sua personalità poliedrica: il poeta Ne L’atelier delle parole, questo è il titolo della terza parte che chiude il libro, l’autore dedica alle numerose artiste che ha incontrato raffinati e autentici testi poetici. Una poesia, questa di Donato di Poce, che sa guardare e andare oltre le parole e creare una nuova forma di comunicazione che apre a nuovi mondi in cui è possibile scoprire una nuova lingua che ha a che fare con l’originalità e una brillante e lucida libertà stilistica. Rompete le righe non è un libro qualsiasi e Donato di Poce è un autore fuori dal comune. Anche in questo libro l’autore si conferma, fuori dagli schemi, capace di leggere l’arte con gli occhi della poesia, di contaminare la parola con la potente forza delle immagini, di immortalare in un aforisma il gioco e la lingua dei colori e del bianco e nero che una fotografia o una tela sono capaci di mostrarci. Rompete le righe è un libro che contiene molti libri, ma è soprattutto Donato di Poce che ancora una volta è riuscito a dare una prova della sua alta e irriverente creatività.

Dalla recensione di Nicola Vacca

“ROMPETE LE RIGHE” è l’ultima fatica letteraria del poeta, scrittore, critico d’arte e amico, Donato di Poce. 

L’opera fresca di stampa è un tributo alle donne nell’arte contemporanea edito dall‘Editore Campanotto. Il libro è suddiviso in tre parti, una dedicata agli scritti critici di Donato con un incipit straordinario dedicato a Frida Kahlo, la seconda parte invece contiene gli scritti relativi ai “taccuini d’artisti” delle donne, argomento davvero affascinante  che vede proprio nello scrittore l’ideatore di un percorso con gli artisti davvero unico. Taccuini indagati come autentici scrigni dell’anima, tesori che Donato di Poce ha saputo collezionare e presentare al pubblico con uno stile poetico che appartiene ad un modo di fare che a volte sembra provenire da antichi tempi cavallereschi. L’ultima parte del libro affronta “l’atelier delle parole” con la poesia che sale in cattedra e dipinge con le  parole un affresco particolarmente affascinante, il vero ritratto di Donato di Poce.

“Le donne nell’arte contemporanea, una presenza rivoluzionaria” da evidenziare e approfondire.

Dalla recensione di Alberto Moioli