Vincolo Testuale


“Mi piacerebbe che queste poesie venissero respirate come acquerelli musicali di Paul Klee e la stenografia inconscia di Wols…” questo mi disse Donato Di Poce tempo fa, dopo avermele lette. Da questa frase, ebbe inizio una delle più appassionate coinvolgenti chiacchierate della mia vita… e mai come quella sera cominciai a capire ciò che voleva dire la sua poesia, con la chiave di lettura ch’ero riuscito finalmente ad identificare nella doppia coppia oppositiva acqua-sangue e silenzio-inchiostro. Parlammo dei suoi maestri di scrittura, dei poeti di memoria (Roversi, Pasolini e Sereni più che Montale) e dei poeti di desiderio (Artaud, Mishima e Penna). Parlammo, soprattutto, del rapporto tra poesia, pittura, scultura ed arte in genere… e cominciai a rendermi conto che finora ero completamente a digiuno dei regni oscuri che Donato aveva dovuto visitare per riuscire a scrivere un verso come questo:

“I gabbiani / Si addensano nelle discariche / Come uomini confusi / Tra le crepe dell’esistenza. / Si azzuffano tra i rifiuti / Saltellano, si scrutano / Ripetono piccoli voli incompiuti / Si agitano rabbiosi / Per imparare a volare / Tra le ciglia dell’eternità.”

Adriano Petta

Ne hanno parlato: ercolani.art.bloggliamantideilibri.itnavuss.it


Donato Di Poce

Casa Editrice: Eretica Edizioni
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LA POETICA DEL SANGUE

Con ironica enfasi talvolta lo sfottevo dicendo che i poeti erano scansafatiche… perlomeno rispetto a noi romanzieri: quella sera Donato, invece, era riuscito a farmi sentire che era veramente uno scriba in ascolto oltre il silenzio ed il caos… che era diventato davvero una nuvola d’inchiostro che attraversa il respiro. Grazie alla sua capacità di vedere e di sentire. Una capacità che ora sta lì, nelle sue poesie, perché non ti sbatte in faccia zampette di mosca TimesNewRoman-corpo11… ma sentimenti, Inchiostri randagi (non a caso titolo di una sua recente raccolta di aforismi) che lui ha raccolto dal sottosuolo degli uomini, dal mondo, dall’intrico ombroso-luminoso della sua vita. Ed ecco che la voce pura della sua poesia incontra Michelangelo Camilliti, questo piccolo editore che cura le opere d’arte stampate nei suoi libri (come quelle di Alda Merini, Fabio Pusterla, Franco Loi, Antonella Anedda) creando un’altra opera d’arte: l’oggetto-libro, fine, delicato, prezioso. Ed ecco venire alla luce questa scelta antologica di vent’anni di lavoro di Donato Di Poce, Vincolo testuale, illustrato dalle splendide immagini delle sculture di ÕKI IZUMI, geniale artista giapponese da anni operante a Milano. L’abbinamento tra poesia ed immagini di sculture non è una trovata editoriale, ma la naturale acqua che da anni continua a scorrere dalla poliedrica sorgente dell’arte di Donato Di Poce che, oltre ad essere poeta e scrittore di aforismi, è critico d’arte: due suoi libri di poesie (De Sculptura e Ut pictura poesis) li ha dedicati, infatti, a pittori e scultori. Il significato di ÕKI IZUMI è grande albero e sorgente… e non è un caso che Vincolo testuale venga illustrato da questa artista, perché forse racchiude la chiave di lettura del grido poetico di Donato: la sorgente di emozioni che gli sgorga dentro, “attraverso il vorticoso luccichio delle parole” lui vuole che si effondano sotto il grande albero dei regni oscuri del cuore… emozioni “quasi fossero tante pietre di volta in volta calcinate per erigere un muro a difesa contro il vuoto parziale del mondo che grida soltanto…” come si conclude l’approfondita nota di lettura di Roberto Roversi.

Ma per me, aldilà di ogni significato nascosto o metaforico… la poesia di Donato è il suo sangue. Sangue in cui si annida un seme visionario che tenta di dare uno scrollone alle crepe di questo confuso fine millennio, spingendolo verso i baratri del delirio affinché impari a volare tra le ciglia dell’eternità.

Vincolo testuale è canto lirico, mai – però – lieve: non ricade su sé stesso, mai si specchia nella bellezza. Anche quando si eleva verso gli strati impossibili dell’eternità… si percepisce che sono briciole di vita che abitano il sangue di Donato come un respiro, sempre dentro a un noi che unisce, ad una tensione civile di rara intensità.

Ogni verso gronda rabbia verso la morte, ogni verso gli sanguina direttamente dalle labbra, dal cuore. La sua poetica serve la causa della vita: fluttua tra le pieghe della mente illuminando i suoi regni oscuri… per farle scoppiare dentro i sogni e per soffiare sulla brace che tiene accesa la vita nel cuore.

Vincolo testuale attraversa diagonalmente il cammino dell’uomo: da quando si è eretto su due zampe a quando ha sollevato lo sguardo al cielo a quando ha abbandonato il mondo delle regole a bordo di missili: è impregnata del sangue di tutti i poeti che – “come fanciulli sporchi d’incanto e di sesso” – cercano di non farci naufragare sulle spiagge della quotidianità dove moltitudini di uomini soli replicano gesti sempre uguali.

Dai regni oscuri del sangue di Donato Di Poce, bellissima come scrittura e terribile come impulso di vita, è nata la poesia racchiusa in questo splendido Vincolo testuale… poesia che possiede il respiro cosmico d’una vita che ha conosciuto la verità.

La verità… che la nostra anima abita nel nostro sangue.

E che cesserà di essere con lui… come il mistero tragico e crudele di questa piccola, unica, irripetibile vita.

E quanto più questo poeta capisce che nulla può fermare il mondo che si guasta… quanto più il suo canto è struggente, bellissimo:

“Vado incontro alla notte / che si scopre i seni / e mi corteggia.”

Adriano Petta – Roma, 19 novembre 1998